La peculiarità di questa pellicola sta nel genere di appartenenza. In parte documentario. In parte drammatico/sperimentale. Risulta essere uno di quegli strani intrugli tanto cari ai Festival del Cinema.
Ma c'è di più.
Ciò che caratterizza Lepanto - O Último Cangaceiro è la mancanza della saccenza tipica di produzioni analoghe. Il messaggio infatti viene veicolato con maggiore efficacia ed il regista prende le distanze dal clima radical chic che troppo spesso pervade questo genere di film.
Il tema portante della pellicola è l'impatto che la preparazione dei Giochi Olimpici del 2016 a Rio de Janeiro sta avendo sulla popolazione locale. Viene mostrata l'ipocrisia dei media nel dare un'immagine non veritiera della realtà del paese, nascondendo i problemi sotto il proverbiale tappeto. Insomma, temi di cui anche noi italiani non siamo certo digiuni.
Ciò che rende degno di attenzioni Lepanto - O Último Cangaceiro sono però gli aspetti squisitamente tecnici. Il montaggio ricorda Terrence Malick e non sono rare le sequenze oniriche, dal simbolismo sì marcato ma mai criptiche. Buona la regia, ricca di ricercatezze.
Certo, il film non è esente da difetti. Primo fra tutti il ritmo sincopato della sceneggiatura, che rallenta tragicamente verso la metà per poi riprendersi nelle battute finali. Personalmente avrei ovviato al problema limitando la presenza del personaggio di Maria, ai limiti del superfluo. Portare la durata complessiva sotto i 60 minuti avrebbe di sicuro giovato. Ma parliamo comunque di un'inezia che non inficia affatto la godibilità generale del prodotto.
Consigliato a:
Chi apprezza le pellicole sperimentali.
Sconsigliato a:
Chi mal digerisce i prodotti non canonici.
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